lunedì 30 dicembre 2013

Sperimentazione animale

Nel momento in cui scrivo è il 30 dicembre del 2013 e sono giorni in cui imperversa una polemica riguardo la sperimentazione animale. Tale polemica è scoppiata a seguito degli auguri di morte ed altri insulti ricevuti da Caterina Simonsen da parte di presunti animalisti. Caterina è una ragazza che lotta contro una malattia genetica (di cui però non si riesce a trovare alcuna notizia) e che ad inizio dicembre si era espressa a favore della sperimentazione animale e di Telethon, una fondazione che finanzia ricerca scientifica focalizzata su malattie genetiche rare. Sulla stessa Telethon si era invece negativamente espresso il Presidente del Partito Animalista Europeo Stefano Fuccelli che esortava a non finanziare la fondazione, la quale veniva accusata di pilotare la ricerca in base agli interessi delle lobby farmaceutiche ed anche di aver avuto influenza sul Ministero della Salute per la composizione della commissione scientifica responsabile della bocciatura del metodo Stamina, un tipo di cura di dubbia efficacia e privo di dimostrata validità scientifica, basato sull'uso di cellule staminali.
Caterina aveva difeso la sperimentazione animale tramite un video lanciato su Facebook, ed è proprio sul social network che ha ricevuto gli auguri di morte da parte di animalisti che preferirebbero vedere morire gli esseri umani piuttosto che gli animali costretti a fare da cavie nei laboratori di ricerca sperimentale.

Si tratta di una storia tanto complessa quanto facile da strumentalizzare a seconda degli interessi in gioco, basti pensare che a gennaio del 2014 si discuterà nel Parlamento italiano a proposito della direttiva europea sulla sperimentazione animale. Vorrei dunque estraniarmi da questi discorsi, dubitando fortemente che ci siano veri animalisti dietro le parole offensive rivolte alla ragazza, ma pensando piuttosto che dietro quelle parole ci siano persone che vogliono discreditare gli animalisti, facendoli apparire come folli esaltati alla stregua di nazisti.

Vorrei invece soffermarmi sullo scalpore e sulla forza mediatica di questa storia, che fa riflettere nel momento in cui si pensa ai numeri.
Già, perchè per migliaia di animali destinati alla ricerca scientifica, ve ne sono miliardi destinati invece al macello a scopo alimentare.

Cavie da Laboratorio
Cavie in laboratorio

allevamento intensivo
Polli in un allevamento intensivo

E se per gli animali destinati alla ricerca sono molto rigidi i regolamenti ed i comitati etici che servono a farli rispettare, non mi risulta che si facciano grandi sforzi per evitare la sofferenza di tutti quegli animali che vivono negli allevamenti intensivi, a volte senza neanche vedere la luce del sole, trattati con farmaci ed antibiotici per evitare le epidemie, trattati con ormoni per aumentarne velocemente le dimensioni e fare di loro delle macchina produttive, ammassati in spazi ristretti e costretti a mangiare talvolta farine anche di origine animale.
Se veramente stanno a cuore le vite degli animali come mai un episodio come quello di Caterina scatena tante reazioni (che siano pro o contro la ricerca) e sugli allevamenti cala invece un sipario di silenzio omertoso?
Come mai migliaia di animali usati per la ricerca fanno più notizia di miliardi di animali usati per scopi alimentari?

Detto ciò, mi chiedo se sia effettivamente giusto utilizzare gli animali per la ricerca scientifica. Al riguardo assumo una posizione intermedia. Sono infatti convinto che la ricerca biomedica sia essenziale per la nostra società e credo che una parte di essa debba per forza di cose sperimentare sugli animali quei prodotti che andranno poi trasferiti all'essere umano. I comitati etici, come dicevo, sono molto rigidi ed esigono trattamenti adeguati per gli animali utilizzati nei laboratori.
Allo stesso tempo, sono convinto che una notevole fetta di studi e di ricerche attualmente condotti nei laboratori, non siano di qualità così alta e non abbiano risultati così evidenti, ma soprattutto non abbiano un riscontro pratico di fondamentale importanza da richiedere una sperimentazione animale. Il problema è che la ricerca ha bisogno di soldi e coloro che sono alla ricerca di finanziamenti, per ottenere fondi, tendono ad inserire modelli animali nei loro studi, in modo da aumentare il rilievo della loro ricerca ed essere finanziati. Ma una ricerca che non sia ai massimi livelli, rimane a livelli inferiori alla qualità media richiesta, nonostante vengano inseriti modelli animali. Una ricerca che non sia al top, non avrà mai risultati al top, ed usare animali per questo tipo di studi è solo una perdita di tempo e di risorse, ma soprattutto è una perdita di vite sia animali che umane, visto che nessuno, alla fine della storia, beneficerà di questa ricerca.

Alla fine della storia io dico si alla ricerca, ma no alla sperimentazione inutile.
E, se ci riesco, proverò a diminuire il consumo di carne....


sabato 14 dicembre 2013

Pandoro ecosostenibile

Entro in un qualsiasi supermercato ed osservo intere file di panettoni e pandori, nonchè centinaia di dolci vari che sono stati creati nel tempo ad imitazione degli stessi per soddisfare qualsiasi tipo di gusto: panettoni senza canditi, pandori con creme di limoncello, panettoni glassati e con le mandorle (cioè colombe pasquali a forma di panettone), tronchetti di Natale al cioccolato e chi più ne ha più ne metta.

pandoro al supermercato
Natale al supermercato
Mi soffermo su un pandoro tradizionale e ne leggo gli ingredienti: farina, uova, burro, zucchero, lievito, ed emulsionanti (mono e digliceridi degli acidi grassi). Osservo il prezzo totale del pandoro: 3,50 Euro.
Mi chiedo: quanto costerebbe farlo in casa ? Dovrei comprare gli ingredienti ossia uova, burro, zucchero e farina ed aggiungere al loro costo quello del consumo elettrico per il forno. Credo sia impossibile spendere meno di 5-6 euro, ed io risparmierei su manodopera, trasporto, confezionamento e pubblicità, tutte spese in più che si ritrova a dover affrontare la ditta produttrice.

Non c'è bisogno di essere esperti matematici per capire che i conti non tornano: come è possibile che il pandoro venduto al supermercato costi così poco? Addirittura meno dei suoi stessi ingredienti acquistati singolarmente ? 

La conferma di questo paradosso matematico la si ottiene andando in pasticceria dove un pandoro artigianale costa in genere non meno di 20 euro.
Le cose sono due: o le ditte produttrici sono così generose da portare i loro conti in rosso pur di rendere felici i consumatori, oppure tagliano i costi di produzione in modo da trarre un proficuo guadagno anche su 3,50 Euro di prodotto. Mi sembra più probabile la seconda opzione. Ma come fanno a tagliare i costi di produzione?

Riducono i costi sulla pubblicità? Non mi sembra proprio, anzi credo che i loro costi primari siano quelli legati alla sponsorizzazione dei prodotti.
Riducono i costi sul trasporto? Improbabile, visti i continui aumenti sui prezzi del carburante e visto che gli stessi prodotti si trovano sugli scaffali di tutti i supermercati di tutta Italia (e quindi non possono essere a chilometro zero)
Riducono i costi sulla manodopera ? Possibile. Come? Forse aumentando i macchinari, o forse pagando meno i dipendenti, forse pagandoli in nero, forse assumendo extracomunitari che non vengono messi in regola, o forse spostando la produzione all'estero dove dipendenti e macchinari costano meno, chissà, sono solo ipotesi.
Riducono i costi sulla qualità dei prodotti? Molto probabile. Io credo usino farine scadenti ed il burro e le uova non credo provengano da animali allevati secondo i criteri degli allevamenti biologici.

Dunque se acquisto un pandoro al supermercato è molto probabile che io stia finanziando una ditta che usa prodotti scadenti o provenienti da animali che vivono in allevamenti intensivi in condizioni igieniche precarie ed in condizioni di vita stressanti (per un video di approfondimento sugli allevamenti intensivi clicca qui) o che forse sottopaga i suoi dipendenti o magari li paga in nero. Chissà. Sono tutte ipotesi a cui sono arrivato semplicemente ragionando su un prezzo, senza vedere inchieste giornalistiche di alcun tipo.

Di sicuro se acquisto un pandoro al supermercato mi ritrovo in casa, oltre al pandoro, una scatola di cartone, una busta di plastica ed una più piccola bustina di carta (quella dello zucchero a velo) che dovrò buttare. Immaginiamo 56 milioni di italiani: io immagino circa 56 milioni di scatole di cartone, 56 milioni di buste di plastica e 56 milioni di bustine di carta da smaltire. Tutto questo immaginando un pandoro a testa: credo sia una media ragionevole visto che in alcune famiglie se ne comprerà solo uno, in altre ci sarà un surplus di acquisti, anche considerando i vari altri prodotti dolciari compresi mini-panettoni e mini pandori (con i loro mini-imballaggi).

Di sicuro infine compro un prodotto dai dubbi effetti salutistici (vedi la presenza di mono e digliceridi degli acidi grassi), anche perchè mi chiedo come faccia un prodotto dolciario da forno ad essere mangiabile anche se viene aperto un anno dopo l'acquisto (vedi date di scadenza riportate sulle confezioni)...conservanti?

Ecco perchè quest'anno ho deciso di fare io il mio pandoro natalizio usando la farina che scelgo io, le uova che dico io ed il burro che trovo dal mio venditore di latticini di fiducia. Per conservarlo userò una busta di plastica riciclata da un vecchio pandoro industriale già mangiato e digerito durante lo scorso natale.

pandoro fatto in casa
Pandoro fatto in casa

In questo modo ridurrò l'impatto ambientale riducendo i chilometri di trasporto degli ingredienti, risparmiando sugli imballaggi e scegliendo con cura gli ingredienti. Inoltre passerò un pomeriggio alternativo tra farina, burro, uova e matterello, lasciando perdere il centro commerciale preso d'assalto da migliaia di persone colte da frenesia di acquisto natalizio, tutti alla ricerca del prodotto superscontato, a chilometro infinito e a qualità zero.

E voi cosa avete deciso?

Buon Natale

PS: per chi volesse una ricetta per realizzare un pandoro fatto in casa, io ho seguito quella delle sorelle Simili riportata in questo link.