sabato 27 luglio 2013

The Hammarby Model - seconda parte



Mi ricollego oggi ad un vecchio post che scrissi riguardo un quartiere di Stoccolma, Hammarby Sjöstad, per approfondire l'argomento in compagnia di Marco Felisa, un amico che ha scritto alcuni appunti su Stoccolma in generale e che ha dedicato alcune pagine in particolare proprio a questo quartiere ecosostenibile. Buona lettura !

L’esplorazione della Stoccolma sostenibile non può che iniziare da Hammarby Sjöstad, il pezzo di città che ha fatto vincere alla capitale svedese il primo Premio Europeo per le Città Verdi nel 2010.
Hammarby Sjöstad si raggiunge con un traghetto particolare, il Lisen, che attraversa l’Hammarbyleden, spinto da motori elettrici alimentati da pannelli solari. Solo d’inverno vengono accesi i motori diesel.
Sjöstad, città sull'acqua, è un grande quartiere con 22.000 residenti e 10.000 lavoratori, costruito al posto di vecchie fabbriche abbandonate; recuperare l’area è stata una doppia sfida, la bonifica dei terreni inquinati era complessa e costosa e la costruzione di nuovi edifici poteva “pesare” troppo sull’ambiente; la cura rischiava di essere peggiore del male! L’area è stata trattata con estrema attenzione e gli edifici sono stati studiati per risparmiare energia, per essere serviti dai trasporti pubblici e riutilizzare i rifiuti.
Hammarby Sjöstad accoglie i visitatori con palazzi moderni, giardini e piazze pedonali; gli edifici hanno pareti in legno e balconate che ricordano i ponti delle navi, sui terrazzi ci sono sedie di tela e, ovviamente, persone che prendono il sole. Passeggiare è piacevole, sembra di poter andare dovunque senza incontrare barriere, tutto è accessibile, le rive dei canali, le piazze, i ponti. Le case hanno accesso diretto all’acqua e agli approdi, come se i 22.000 residenti fossero altrettanti piccoli navigatori.
Infilandosi tra gli isolati si può scoprire, dietro ai palazzi, un altro canale e un grande spazio verde, pieno di bimbi che giocano. C’è un’area botanica con aiole di fiori colorati e, vicino alla Lungnets Allè, una grande piazza con zampilli e giochi d’acqua. Sulla piazza c’è anche un Café och Konditori dove servono una buonissima gräddtårta, torta alla crema con lamponi e mirtilli.

Hammarby Sjöstad è attraversata dalla Tvärbanan, moderna tramvia di 11 chilometri che corre nel sud della capitale collegando Hammarby con Alvik. Il tratto di Hammarby è stato realizzato a spese delle immobiliari che hanno costruito il quartiere e le fermate sono studiate in modo che nessuno debba percorrere più di 300 metri per raggiungere il tram; i progettisti volevano che l'80% dei residenti potesse usare la Tvärbanan.
Le vetture sono luminose, comode ed eleganti; corrono veloci e indifferenti al traffico grazie a un dispositivo che dà loro la precedenza ai semafori; le poche auto si fermano al sopraggiungere del tram. È un modo intelligente ed economico per far correre un tram come se fosse una metropolitana.
Da Sickla Udde si può tornare a piedi lungo la riva orientale del Sicklakanal, che si presenta come un canale selvatico, naturale; non ci sono moli né barche, né passeggiate ai piedi delle case. Gli edifici sono un po’ più distanti dall’acqua e ci sono canneti, ninfee e zone paludose. I percorsi pedonali sono leggeri, passerelle e pontili, con passamano di corda sospesi sopra i canneti. Nei canneti si nascondono animali che non disturbiamo col nostro passaggio.
In perfetto stile rete verde-blu, il Sicklakanal è un corridoio della rete ecologica locale e consente agli animali di trovare rifugi e passaggi in questa parte del quartiere, proteggendoli dalle attività degli uomini. Grazie a questo corridoio la foresta di Alta, alle spalle del quartiere, è collegata con le acque dell’Årstakanal e gli animali non incontrano ostacoli nei loro vagabondaggi tra periferia e centro.
In fondo al canale, proprio di fronte a Södermalm, uno stretto pontile che sembra un trampolino olimpico, conduce a un punto particolare, l’Observatorium. Tutto in legno non trattato, l’Observatorium è una gradonata panoramica sull'acqua dove riposare e prendere il sole; l’assenza di parapetti e l’acqua pulitissima, sembrano un invito a tuffarsi a fare un bagno!


Durante una pausa all’Observatorium una riflessione sul tema dell’acqua è obbligatoria. La struttura è una palafitta tonda con un buco nel mezzo, dal quale si può vedere e ci si può tuffare in acqua; le rive del canale sono belle ma diverse, una piena di moli e motoscafi, l’altra naturale con canneti e piante acquatiche. Sono diverse interpretazioni del rapporto tra città e acqua, esempi di come Stoccolma sia sposata con questo importante elemento naturale.
A Stoccolma l'acqua è buona e abbondante e i cittadini fanno di tutto per rispettarla, consumarne poca e per non inquinarla. Anche Hammarby Sjöstad è molto attento all’acqua, anche perché l’acqua è dappertutto, intorno alle case, nei giardini e nelle piazze e nei parchi.
Quando piove, l’acqua non viene scaricata nei canali, viene trattenuta e depurata dagli inquinanti, dagli oli e dalla sporcizia delle strade; dopo un primo passaggio, viene immessa nei laghi artificiali dove le piante acquatiche la depurano ancora, in modo naturale. Una parte dell’acqua piovana viene anche conservata e utilizzata per l'irrigazione e per l'impianto antincendio.
L'acqua dei canali viene usata per regolare la temperatura degli edifici, d’inverno è più calda dell’aria e d’estate è più fresca, quindi entra nel sistema di riscaldamento e di condizionamento per far risparmiare energia.
Anche gli scarichi dell’acqua sono differenziati, i lavandini buttano l’acqua in cisterne per poterla riutilizzare per l’irrigazione, dopo aver filtrato i saponi. Dagli scarichi si recupera anche calore, i tubi di uscita passano dentro quelli d’entrata e, se scaricano acqua tiepida, riscaldano quella che entra.
Non si butta l’acqua calda, lo scarico della doccia può contribuire a scaldare l’acqua che entra nel rubinetto della doccia e si risparmia sulla bolletta!
Insomma, l’acqua viene rispettata e quando viene usata, viene usata bene; si recupera e se ne recupera anche il calore; a Stoccolma i tombini non fumano come a New York, l’acqua delle fognature non ha calore da buttare!


Hammarby Sjöstad consuma la metà di un quartiere normale e produce la metà dell'energia di cui ha bisogno. Gli abitanti, quindi, pagano una bolletta 4 volte più bassa di tutti gli altri residenti a Stoccolma! Com’è possibile?
Il quartiere è studiato per consumare il meno possibile, gli edifici sono progettati per catturare luce e sole e resistere al vento e, ovviamente sono costruiti con materiali isolanti, per evitare di disperdere il calore.
Il caldo e il freddo disponibili in natura sono sfruttati fino in fondo, grazie a celle e pannelli solari e pale eoliche; il calore degli scarichi viene recuperato, l’acqua dei canali è usata per lo scambio termico. Riscaldamento e condizionamento vengono prodotti da un’unica centrale ad altissima efficienza che alimenta oltre 20.000 appartamenti.
Anche la spazzatura è usata per risparmiare energia, viene aspirata da un sistema pneumatico che la trasporta direttamente alla centrale di raccolta, senza bisogno di camion o cassonetti. Plastica, vetro, carta e metallo vengono rivenduti, il residuo viene bruciato per produrre elettricità e calore, la frazione organica, cioè gli avanzi di cibo, viene fatta fermentare per produrre biogas che torna in città per essere utilizzato negli appartamenti per cucinare. Dagli avanzi di cibo si ricava gas per cucinare altro cibo!
Il biogas serve anche il deposito degli autobus, dove i cittadini che possono fare il pieno di gas alle loro auto. L’impianto del biogas è più grande di quanto serva a Hammarby e la società che lo gestisce compra avanzi di cibo anche in altre parti della città per produrre e vendere più gas.
Vista “l'esperienza rifiuti” di Hammarby, un grande ospedale, il Karolinska Institut, ha deciso di costruire un impianto per produrre biogas con gli avanzi di cibo dell’ospedale, dell’università e del campus; con quel gas alimenta le proprie cucine e l'impianto di riscaldamento, risparmiando un bel po’ di quattrini e riducendo l’impatto sull’ambiente.

Anche ad Hammarby Sjöstad i cambiamenti climatici fanno sentire i loro effetti, gli inverni sono più miti, le estati più calde e le mezze stagioni molto più instabili, con temporali e acquazzoni più violenti.
Fedeli al proverbio svedese “non esiste il cattivo tempo, esiste solo il cattivo equipaggiamento”, architetti e urbanisti hanno messo tra le variabili da tenere in considerazione quella dei cambiamenti che il clima sta subendo.
È necessario innanzitutto fare un attento monitoraggio e “prepararsi al peggio” o comunque a un tempo diverso. Per gli acquazzoni, il sistema di raccolta delle piogge è stato sovradimensionato e i depuratori hanno ampie vasche di accumulo che evitano lo straripamento delle ondate di piena.
Quando piove, l’acqua viene trattenuta dai tetti verdi, scaricata in vasche e cisterne sotterranee e inviata ai depuratori solo quando il sistema d’accumulo è pieno. I laghi, i canali e gli specchi d’acqua dei parchi servono anche per accumulare acqua piovana e la vegetazione è studiata per contribuire alla depurazione naturale delle piogge.
Affrontare i cambiamenti climatici significa anche affrontare le bolle di calore tipiche delle città in estate e l’abbondante presenza di acqua e di verde, i tetti e le pareti verdi riescono a spezzare la distesa di cemento che si scalda meno.
Per non sovraccaricare gli impianti di condizionamento quando l’estate è più calda, soprattutto se il quartiere vuol risparmiare energia. Gli scambiatori dei condizionatori usano l’acqua dei canali, più fresca, mentre intorno alle bocche di aspirazione dell’aria sono state piantati alberi e cespugli che abbassano la temperatura dell’aria prima che entri negli impianti. Consumano meno e quindi possono far fronte a possibili sovraccarichi.
La GlashusEtt, casa trasparente, è il luogo dove vengono accolti i visitatori ed è anche un centro documentazione e istituto di ricerca sulla sostenibilità.
Alla GlashusEtt sono raccolti progetti, libri e materiali informativi su come costruire città sostenibili e c’è anche una grande sala multimediale dove il caso Sjöstad viene presentato. Da qualche anno il distretto è diventato una meta turistica vera e propria, visitato da gente comune ma anche da architetti, pianificatori e tecnici che vogliono approfondire i temi del loro lavoro. Oltre alle informazioni su questa parte di città, ci sono anche notizie e documenti su altri esempi, una raccolta di “come costruire bene le città”, un patrimonio di conoscenze utile agli studiosi e ai progettisti.
La GlashusEtt non è solo una biblioteca, serve anche per promuovere Sjostad, attirando investimenti sull’area, ai quali vengono proposte opportunità di sviluppo e aiuto concreto per ottenere finanziamenti tramite (LIP Local Investment Program) da spendere in questa parte di città. Si tratta quindi di una vera e propria agenzia di sviluppo e promozione del territorio e di accompagnamento alle imprese.
Un poster illustra il modello Hammarby, il collegamento tra i vari pezzi del quartiere che ottimizza la sostenibilità e evita sprechi, legando rifiuti ed energia, trasporti e riscaldamento. Alla base del modello c’è il concetto di visione olistica dei problemi e delle strategie per individuare le soluzioni, basate sulla cooperazione tra soggetti. Costruttori, futuri residenti e pianificatori hanno lavorato insieme valutando tutte le possibilità di sviluppare tecnologie innovative per raggiungere obiettivi ambiziosi.
Il raggiungimento di obiettivi ambiziosi è possibile solo col coinvolgimento di tutti gli interessati e l’informazione è alla base del coinvolgimento. Scopo della GlashusEtt è quindi anche diffondere consapevolezza.

Se la pubblicità è l’anima del commercio, per vendere sostenibilità è meglio pubblicizzarla? A Stoccolma pensano proprio di sì. La comunicazione ambientale è un punto di forza delle politiche per la sostenibilità, costruita con un mix di pubblicità, informazione e forse anche tentato plagio, cioè indirizzo dei “consumatori” in una precisa direzione: la sostenibilità. Il cittadino informato si comporta meglio di quello ignorante e il cittadino cosciente è più attivo e si comporta in modo più responsabile; contribuisce a raggiungere gli obiettivi.

Gli scettici possono obiettare che la comunicazione ambientale deborda nella demagogia e temono che il cittadino bombardato di pubblicità sia meno libero di scegliere. Vero, ma è comunque opportuno fare comunicazione ambientale, raccontare le buone pratiche, far sapere, passo-passo, come va la sfida alla riduzione dell’emissione di CO2 o al risparmio energetico.
La pubblica amministrazione dà il buon esempio e i privati la seguono, SL ci scrive sulla fiancata degli autobus «Alimentato a biogas, riduce l’emissioni di CO2 dell’85%», Ikea ha contatori che informano su quanta energia sta consumando, specificando quanta viene da fonti rinnovabili e quanta viene acquistata dalla rete. Ci sono messaggi ovunque, «Prendi solo i tovaglioli che ti servono» nei ristoranti, «Sali a piedi, non è faticoso» davanti agli ascensori; anche i prodotti di consumo contengono informazioni green sul tipo di energia utilizzata dalle fabbriche o sul mezzo di trasporto che li ha portati ai negozi e, alla fine del ciclo, sulla riciclabilità dei diversi “avanzi”.
Il confine tra informazione e pubblicità è labile, ma se gli oggetti “da vendere” sono la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente, perché non pubblicizzarli?

La costruzione del quartiere non è ancora conclusa e già si fanno bilanci sui risultati raggiunti e sui possibili miglioramenti. Già perché la GlashusEtt misura e pubblica dati per capire e per spiegare come stanno andando le cose.
Il monitoraggio analizza quattro temi principali, l’emissione inquinante, l’emissione di CO2, la produzione di rifiuti, i consumi di energia non rinnovabile; per ogni tema vengono studiati più parametri e si ricercano le cause che portano ai risultati, buoni o cattivi. Siccome non tutte le aree di Hammarby sono uguali, i dati vengono analizzati isolato per isolato, così da poter confrontare l’efficacia delle diverse tecnologie, piuttosto che l’influenza dei fattori esterni, come il verde o l’acqua.
Ci sono quindi isolati che consumano meno perché meglio esposti, altri che incidono meno sull’emissione di CO2 da traffico perché meglio serviti dalla Tvärbanan o dal traghetto.
La grande quantità di dati rilevati serve ovviamente anche agli studiosi che possono valutare la bontà dell’esperienza scientificamente per essere in grado di riprodurre ciò che funziona bene e utilizzare le soluzioni più azzeccate.
Il report, annuale, viene pubblicato anche in una versione divulgativa distribuita tra i residenti, anche con il malcelato proposito di innescare competizioni virtuose tra gli abitanti, che vedendosi confrontati coi vicini possono essere incentivati a fare meglio per la sostenibilità.
Non c’è da stupirsi quindi se nelle piazze o nei viali si trovano totem che ci dicono quanta energia stanno producendo in quel momento i pannelli fotovoltaici di Sickla Kaj o di Lugnet, o quanta acqua stanno consumando i residenti di Sickla o di Proppen; è un modo come un altro di diffondere consapevolezza sui consumi e sull’efficacia delle scelte per la sostenibilità. Ed è anche un riconoscimento “misurato e certificato” degli sforzi che i cittadini compiono per migliorare la sostenibilità della loro parte di città.

Pian dei Cavalli

Descrizione

Andare al Pian dei Cavalli, nella Valle dello Spluga, è una facile e godibile escursione che permette al contempo di ammirare splendidi panorami e, se si è fortunati, anche l'aquila ! Si tratta di un interessante giro ad anello di circa 730 m di dislivello con partenza ed arrivo presso Starleggia. Il Pian dei Cavalli è un vasto altopiano di rocce calcaree che si distingue dalla geologia delle montagne circostanti.
Scheda tecnica
Tappe
Starleggia (1565 m slm) - San Sisto (1769 m slm) - Lago Bianco (2323 m slm) - Valle di Starleggia - Starleggia
Dislivello complessivo
Circa 730 m
Difficoltà
Escursionisti

Cartina Kompass
n° 92 Chiavenna Val Bregaglia

Descrizione dettagliata

Lasciata l'auto a Starleggia, si prende il ripido sentiero C20 in direzione Pian dei Cavalli.

Pian dei Cavalli
Starleggia
Dopo pochi tornanti sui prati, il sentiero entra in un bosco superandolo fino al raggiungimento della vasta conca di San Sisto.

Pian dei Cavalli
Conca di San Sisto
Il sentiero non è ben segnalato. Bisogna comunque procedere lungo la conca fino a raggiungere l'altopiano del Pian dei Cavalli. 

Pian dei Cavalli
Anche qui il sentiero, che diventa C21, per raggiungere il lago Bianco è segnalato solo a tratti, per cui è necessario prestare attenzione: bisogna comunque risalire il corso di un torrente che sgorga proprio dal Lago Bianco. 

Pian dei Cavalli
Lago Bianco
Qui il panorama è splendido ed è possibile ammirare anche le stelle alpine. Dal Lago Bianco si ridiscende per un tratto per la stessa strada dell'andata, ma si prende poi un sentiero che volge a destra che, dopo un interessante tratto in saliscendi porta in discesa alla Valle di Starleggia. Possibilità di avvistare l'aquila e le marmotte. Si raggiungono così gli alpeggi di Gusone, Morone e San Sisto e finalmente un chiaro sentiero riporta al punto di arrivo della prima salita che viene ripercorsa nel senso opposto per tornare a Starleggia.





venerdì 26 luglio 2013

Caponata

Tipico piatto estivo da servire come antipasto o contorno a base di melanzane e (dipendentemente dal tipo di versione) peperoni. 

Ingredienti per 4 persone


Melanzana:     500 gr
Peperone:      300 gr
Cipolla:           1
Pomodori:      250 gr
Capperi:         a piacere
Pinoli:            30 gr
Olive nere:     100 gr
Zucchero:      25 gr
Sale grosso
Aceto
Olio extravergine
Olio per friggere


Procedimento


  • Tagliare a pezzetti la melanzana e metterla su uno scolapasta aggiungendo sale grosso in modo da farle perdere l'amaro (per almeno un'ora)
  • Tagliare a rondelle la cipolla e soffriggerle assieme a pinoli, capperi e olive per 10 minuti
  • Aggiungere i pomodori tagliati a pezzetti
  • Scolare e asciugare le melanzane
  • Friggere melanzane e peperoni
  • Aggiungere alla padella con cipolla, pinoli, capperi, olive e pomodori, le melanzane e i peperoni e cuocere il tutto a fuoco basso per 20 minuti
  • Aggiungere lo zucchero e l'aceto e continuare a cuocere fino a far sfumare l'aceto
  • Far raffreddare il tutto e servire a temperatura di poco inferiore a quella ambiente

lunedì 22 luglio 2013

Odle Orientali

Descrizione breve

Si tratta di un giro ad anello di facile percorrenza. Sentiero ben segnato e senza difficoltà tecniche. La parte più impegnativa riguarda l'avvicinamento alla forcella Sassongher, per arrivare in cima al quale è possibile effettuare una breve ferrata.

Scheda tecnica
Tappe
Colfosco (1675m slm) - Rif. Col Pradat (2038 m slm) - Forcella di Sassongher (2435 m slm) - Rifugio Puez (2475 m slm) - Forcella de Ciampei  (2366 m slm) - Colfosco

Dislivello complessivo
680 m  circa (utilizzando la cabinovia che da Colfosco porta a Col Pradat: senza utilizzare la cabinovia diventano circa 900 m di dislivello

Difficoltà
Da Rif Col Pradat a Forcella di Sassongher: Escursionisti
Da Forcella di Sassongher a Rif Puez: Escursionisti
Da Rif Puez a Rif Col Pradat: Turistico
Cartina Kompass
n° 59 Gruppo di Sella
 
Tempo di percorrenza
Circa 5 ore

Descrizione dettagliata

A Colfosco si seguono le indicazioni per il parcheggio della cabinovia che porta al Col Pradat (tratto percorribile anche a piedi). 
 
Gruppo Puez Odle
Arrivo della cabinovia al Col Pradat
 
Da Col Pradat se prende il sentiero 4 in direzione del rifugio Puez. Per chi volesse compiere un'escursione molto semplice è possibile andare direttamente al rifugio Puez sempre seguendo il sentiero numero 4. Volendo effettuare un'escursione più impegnativa, ma anche molto più interessante, è possibile, all'incrocio con il sentiero 7, prendere quest'ultimo in direzione della cima del Sassongher. Una salita più ripida conduce quindi fino alla Forcella Sassongher, in una bella cornice di rocce dolomitiche.
 
Puez Odle
Panorama dalla Forcella Sassongher
Dalla Forcella si può decidere di salire sulla cima del Sassongher tramite via ferrata.
 
Puez Odle
Cima del Sassongher
 
Alternativamente si può proseguire il cammino sul sentiero 7 che, dopo una breve discesa, incontra il sentiero 5. Prendendo quest'ultimo ci si dirige, con un interessante percorso in quota verso il Rifugio Puez, adagiato su un prato a 2475 m di altitudine. Volendo effettuare un ulteriore direzione si può utilizzare il sentiero 15, parallelo al 5, che effettua un giro più largo passando per la Forcella de la Ghedenacia.
Una volta giunti al Rifugio Puez il sentiero 4, facile e panoramico, permette di tornare al Col Pradat facendo un percorso diverso rispetto a quello dell'andata

Gruppo Puez Odle
Panorama nelle vicinanze del Rifugio Puez






mercoledì 3 luglio 2013

Valle del Vo - Rifugio Tagliaferri - Valle del Venerocolo

Descrizione breve

Si tratta di un lungo giro ad anello di 30 km, per concludere il quale sono necessarie circa 9 ore. Il dislivello complessivo, di circa 1500 metri, viene affrontato da un sentiero non troppo ripido ma che, per forza di cose, non può che essere molto lungo. Si tratta dunque di un percorso faticoso, anche se non tecnicamente impegnativo, che può essere affrontato solo da escursionisti esperti. Il panorama è notevole, con ampi sguardi su più vallate, in una natura piuttosto selvaggia. Possibilità di incontrare marmotte e camosci.

Scheda tecnica
Tappe
Località Ronco di Schilpario (1075m slm) - Rif. Tagliaferri (2328 m slm) - Passo del Demignone (2485 m slm) - Passo del Venerocolo (2314 m slm) - Laghetti del Venerocolo (2200 m slm) - Ronco di Schilpario
Dislivello complessivo
1410 m  circa
Difficoltà
Da Ronco di Schilpario a Rifugio Tagliaferri: Escursionisti
Da Rifugio Tagliaferri a Passo del Venerocolo: Escursionisti esperti
Da Passo del Venerocolo a Ronco di Shilpario: Escursionisti

Cartina Kompass
n° 94 Edolo - Aprica
Tempo di percorrenza
Circa 9 ore

Descrizione dettagliata

Presso la frazione di Ronco di Schilpario, in località La Paghera, può essere lasciata l'auto (piccolo parcheggio). Da qui partono due sentieri: il 413 ed il 414.

Ronco di Schilpario
Il punto di partenza: a sinistra il sentiero 413, a destra il 414

Per fare il giro in senso orario si prende il 413 e si inizia a salire in un bosco di conifere. Essendo una vecchia mulattiera non si tratta di un sentiero molto ripido. Lo sviluppo è però molto lungo. Lasciato il bosco a quota 1500-1600 metri, si entra in un'ampia conca (la Valle del Vò) nella quale si può ammirare la Cascata del Vo.

Cascata del Vo

Il sentiero attraversa pascoli alpini e, lentamente, porta a quota 2300 m circa, fino a raggiungere il Rifugio Tagliaferri, il più alto rifugio delle Orobie.

Il più alto delle Orobie
Presso il Rifugio Tagliaferri
Dal Rifugio Tagliaferri parte si può prendere il sentiero 416 che, rimanendo in cresta ed in leggera salita, porta prima al passo del Demignone, poi al Passo del Venerocolo. Lungo il sentiero c'è un brevissimo tratto attrezzato con corda metallica e pioli nella roccia. Dal Passo del Venerocolo inizia la discesa lungo il sentiero 414: si raggiungono così i laghetti del Venerocolo.

Laghetti del Venerocolo

La discesa continua attraversando prima pascoli alpini e poi il bosco fino a ricongiungersi al punto di partenza in località la Paghera.